Il beato Domenico
Spadafora Riscoperta di un culto
centenario
(Domenico santo subito)
Cosa potrebbero mai avere in comune due paesi come
Montecerignone, piccola comunità di 700 anime, adagiata proprio nel cuore dl
Montefeltro, dominio della fastosa corte dei duchi di Urbino, lassù nelle
Marche, terra di Raffaello, Rossini e Leopardi, a un tiro di sasso dalla rocca
di San Marino, tra dolci colline dominate dalla mole del monte Carpegna, di
recente eletto a sede di villeggiatura da Umberto Eco, e Randazzo, cittadina di
oltre 11.000 abitanti, dalle nere torri laviche, meta un tempo di principi
normanni, svevi ed aragonesi, nella Sicilia di Verga, Antonello e Bellini, sulle
pendici dell’Etna …? Eppure, da due
anni, queste due città si sono conosciute ed avvicinate, hanno intensificato i
loro rapporti, in virtù di qualcosa che le unisce: il beato Domenico, un frate
domenicano umile per scelta di vita, ma
non certo per natali o per dottrina, che proprio tra queste due città aprì e concluse la sua parabola terrena. Ma se a
Randazzo, se si eccettua la memoria storica, e le pagine degli scrittori
municipali, se ne è annebbiato il culto, e sono scomparsi, spazzati via, i
luoghi che furono testimoni della sua presenza, così non è stato per Montecerignone, dove nel santuario di S.
Maria in Reclauso, con fede inalterata, se ne venera l’urna, si rivolgono
suppliche e preghiere, avvengono guarigioni e miracoli.
Domenico Spadafora discendeva da
una nobile e potente famiglia, giunta in Sicilia da Costantinopoli intorno all’XI
secolo, che diede al Regnum letterati,
pretori, vescovi, giureconsulti, ottenne titoli e feudi: principi di Maletto,
Mazzarà, Venetico, Spadafora, Carcaci, Cerami, Cutò, baroni di Roccella… Questa
famiglia, pur non esercitandovi un dominio feudale, ebbe anche stretti legami
con la città demaniale di Randazzo, dove i suoi esponenti ricoprirono cariche
pubbliche, e furono capaci anche di gesti di mecenatismo e prodigalità nei suoi
confronti, come quel Ruggero Spadafora che vi fondò, nel 1470, l’Ospedale dei
poveri.
Da Giovanni Spadafora, barone di Maletto e
signore di Casale, Castello e Tonnara, nacque a Randazzo, nell’anno 1450,
Domenico, figlio secondogenito. Fu mandato ben presto a Palermo, a frequentarvi
i Frati Predicatori, e nel nuovo convento domenicano di S. Zita, indossò
le vesti di novizio. Nel 1477 andò a compiere gli studi a Perugia, e quindi a
Padova, sede di una delle Università più antiche e prestigiose, conseguendo, nel
1479, il grado di Baccelliere in Sacra
Teologia. Richiamato a Palermo, sempre a S. Zita, proseguì nella sua vita
austera, corroborata da un’intensa attività apostolica, dal sapere acquisito negli
anni di studio, mostrando sempre, però, un atteggiamento umile che lo rendeva
schivo da qualsiasi onore.
Nel 1487 partecipò a Venezia al
Capitolo generale dei Domenicani, pronunciando una “disputa” che gli valse la
nomina tra i 12 nuovi Maestri in Sacra Teologia, da parte del Vicario generale
dell’Ordine, Giovacchino Torriani. Il
Vicario stesso lo trattenne presso di sé, per qualche tempo, volendo circondarsi
di uomini irreprensibili e saggi, che potessero dare il loro fattivo contributo
alla restaurazione dell’Ordine, fin quando gli abitanti di Montecerignone non chiesero
al Maestro Generale dei Predicatori l’istituzione di un convento e di una
chiesa, da erigere nella località di Fontebuona, dove esisteva una cappella
della Madonna, oggetto della loro venerazione. Il Torriani decise di inviare Domenico,
che vi giunse il 15 settembre 1491 (per questo Montecerignone festeggia ogni anno
il beato proprio la seconda domenica di settembre). Completata la chiesa e il
convento, fu creata la comunità dei frati. A Montecerignone Domenico trascorse
circa 30 anni, dedicandosi alla carità, alla direzione spirituale delle anime, e
all’insegnamento ai giovani, fino al 21 dicembre 1521, quando, dopo la Messa,
riuniti i frati nel capitolo, raccomandata l’osservanza delle regole, e scusatosi
per eventuali torti arrecati loro, annunciò che sarebbe morto prima del
tramonto. Recatosi quindi nella sua cella e ricevuti i sacramenti, rendeva
l’anima a Dio. Grande fu il compianto dei confratelli e degli abitanti del
posto, che continuarono per anni a rendere omaggio alla sua tomba, posta nel
presbiterio della chiesa.
I suoi resti furono trovati
intatti ad una prima traslazione avvenuta nel 1545, e pure quando, chiuso il
convento di S. Maria delle Grazie per ordine di Innocenzo X, la chiesa passò
sotto la giurisdizione della Parrocchia di S. Maria in Reclauso, dove il corpo
del beato Spadafora fu traslato ancora il 3 ottobre dell’anno 1677, in una
nuova urna recante l’epitaffio: “Siste
viastor, coelites quos nutriunt remora, mente revolve, B.Dominici Spataforae,
sanguine clari, doctrina clarioris, sanctitate carissimi”.
La devozione dei fedeli si tramandò
inalterata attorno a Monte Cerignone ed alla cappella del beato Domenico, ma la
sanzione ufficiale della Chiesa avveniva il 14 gennaio 1921, nel 4° centenario
dalla sua morte, data in cui, a seguito delle istanze del vescovo del
Montefeltro S.E. Mons. Raffaele Santi, e di P. Lodovico Fanfani, postulatore
O.P., il Sommo Pontefice Benedetto XV gli riconosceva il titolo di Beato.
Illustre per censo e per
dottrina, Domenico avrebbe potuto far leva sulla sua posizione sociale per
ottenere alte cariche e privilegi. I suoi parenti, influenti presso la casa
d’Aragona, ricoprivano le più alte cariche nell’isola: avrebbe potuto aspirare
a gloria, agi e potere, invece, come scrisse un suo biografo, “si rinchiuse in un chiostro e si cinse di
silenzio, accontentandosi di indicare la via del bene ai contadini e agli
umili, collocandosi così, a buon diritto, in quell’area di riforma e di
ripristino della regola e dello spirito dell’Ordine, che caratterizzò il secolo
XV, il cosiddetto “secolo d’oro dei
Domenicani in Sicilia”. Proprio in ossequio a tale spirito di riforma,
attorno al Convento di S. Zita, ed alle altre comunità riformate, fiorirono
numerose figure di frati virtuosi ed osservanti, come il beato Pietro Geremia (Palermo 1399-1452), che può definirsi
il padre dei riformatori siciliani, il beato Bernardo Scammacca (Catania 1430-1487),
ed il beato Giovanni Liccio ( Caccamo 1426-1511).
I rapporti fra le due comunità di Montecerignone e
Randazzo, sempre più intensificatisi, sono iniziati nel febbraio 2004, quando
il parroco della chiesa di Montecerignone, nonché rettore del Santuario di S.
Maria in Reclauso, il polacco don Cristoforo Bialowas, attivo e tenace al pari
di un suo ben più illustre “connazionale”, si intestò l’iniziativa di
riprendere quel processo di santificazione fermo fin dal 1921, rispolverando
vecchie carte, atti, biografie, testimonianze, andando di persona nei luoghi
toccati in vita dal beato: Randazzo, Palermo, Roma, Perugina, Venezia, Le Mans,
recandosi spesso in visita alla Santa Sede, per manifestare a Papa Wojtyla la
sua grande aspirazione di vedere Domenico Spadafora sugli altari, e ottenendo
questa risposta: “Io sono pronto. E voi?”.
Così il processo di canonizzazione iniziava il suo iter, istruito in qualità di postulatore, dal domenicano padre Vito
Gomez, mentre da Roma il principe Michele Spadafora, discendente dell’illustre
casato, seguiva con grande interesse la vicenda. Poi, ad aprile, è stato il
sindaco di Montecerignone Michele Maiani a venire in visita a Randazzo,
ricevuto dalle autorità cittadine, mentre nei giorni successivi le due
amministrazioni deliberavano l’atto di gemellaggio, espressione di due comunità
tanto diverse per posizione geografica, storia, tradizioni, ma accomunate dalla
volontà di poter un giorno celebrare insieme la santificazione di un sì
illustre concittadino. Ancora, a maggio, un gruppo di pellegrini, capeggiati da
don Cristoforo, approdava a Randazzo, per conoscere il paese natale del beato Domenico, e
stringere i rapporti con la comunità randazzese, rapporti suggellati da
concelebrazioni e da un ricevimento nel Palazzo Municipale. In quell’occasione
il sindaco di Randazzo, Salvatore Agati, accogliendo l’invito del sacerdote, prometteva di recarsi a Montecerignone in
testa ad una comitiva di randazzesi il 12 settembre, per celebrare insieme la
festa del beato. E in effetti, all’iniziativa aderivano in 50 circa, con in
testa la massima autorità religiosa di Randazzo, l’Arciprete e Vicario Foraneo
Mons. Vincenzo Mancini, lo stesso sindaco, il vicesindaco Grazia Emmanuele,
assessori, consiglieri comunali, e
cittadini.
L’arrivo della comitiva era stato preceduto da un altare in pietra
lavica, realizzato dallo scultore randazzese Gaetano Arrigo, consegnato al
Santuario di S. Maria in Reclauso, venendo incontro così al desiderio
manifestato da don Cristoforo, che aveva chiesto, per le funzioni all’aperto,
una mensa d’altare realizzata con lo stesso materiale vulcanico presente nella
terra natia di Domenico Spadafora, una sorta di ponte ideale tra le due
comunità legate dal medesimo culto.
La nutrita delegazione randazzese era stata ricevuta in forma ufficiale
alla Rocca, sede del Municipio, dall’amministrazione comunale al completo,
presieduta dal sindaco Davide Giorgini, ed aveva goduto della cordiale e
squisita accoglienza dei cerignonesi. Un’altra data importante è stato il 20
ottobre 2004, giorno in cui una rappresentanza delle due comunità si recava a
Roma, all’udienza di Papa Giovanni Paolo II, che riceveva i due sindaci Agati e
Giorgini, il parroco, il Principe Spadafora, la prof.ssa Maria Garlacz e lo
scultore Angelo Feduzzi di Lunano, autori questi ultimi di vetri istoriati e
statue riproducenti il Beato.
Don Bialowas intanto, dopo avere fondato un gruppo di preghiera e
provveduto al restauro del santuario, allo scopo di intensificare e diffondere
il culto del beato Domenico, offriva alla comunità randazzese una sua reliquia
il 13 febbraio di quest’anno, nel corso di una solenne concelebrazione nella
basilica di S. Maria, ed altre reliquie consegnava successivamente a Terespol
(Polonia) e Kamieniec Podolski (Ucraina).
All’inizio dell’estate, poi, il 24 giugno, una delegazione proveniente da
Montecerignone si è fermata a Randazzo per quattro giorni, aggiungendo un altro
tassello ai rapporti tra le due comunità.
La delegazione, composta dal sindaco Davide Giorgini, dal prosindaco
Terenzio Calisti, dal consigliere dott. Domenico Lancioli, dal Presidente della
Comunità Montana del Montefeltro dott. Michele Maiani, dall’operatore di Beni
Culturali, responsabile della Biblioteca Ubaldiana di Piandimeleto, Filiberto
Corrucci, e da Prassede Sanghi, imprenditrice del luogo, ricevuta prima ufficialmente
nella residenza municipale, ha potuto poi visitare i luoghi culturalmente più
significativi della cittadina etnea, chiese, palazzi e musei, ha preso parte ad
una cena organizzata in suo onore ed ha effettuato escursioni sull’Etna ed
altre bellezze paesaggistiche dei dintorni.
Ricordiamo, per inciso, che, da qualche tempo, chi arriva nel piccolo
centro feretrano, è accolto da un cartello segnaletico con la scritta: “Benvenuti a Montecerignone, Comune gemellato
con la città di Randazzo”.
All’appuntamento annuale con la festa del beato Domenico Spadafora, lo
scorso 11 settembre, lassù a Montecerignone, si sono ritrovati numerosi anche quest’anno,
fedeli e laici, autorità e semplici cittadini. La festa è stata preceduta da un
triduo di preparazione con la presenza, in qualità di predicatore, di P.
Giovanni Calcara da Caccamo (PA), Domenicano O.P., del Convento S. Domenico di
Catania, docente alla Facoltà di giurisprudenza dell’UMSA di Palermo, che con
le sue vibranti omelie e con la sua presenza ha rinsaldato i legami tra le
città interessate alla spiritualità domenicana ed alla figura di questo grande
teologo del XV secolo.
Nel pomeriggio di domenica 11 settembre, la concelebrazione, svoltasi
all’aperto, nel vasto spiazzo del santuario, è stata officiata dal Vescovo
della Diocesi di S. Marino e Montefeltro, S.E. Mons. Luigi Negri, con la
presenza del vescovo di Kamieniec Podolski (Ucraina), S.E. Mons. Leon
Dubrawsky, oltre ai sacerdoti della Valconca ed al parroco di Montecerignone.
Tra le numerose autorità presenti, a far gli onori di casa erano il sindaco
Davide Giorgini, il presidente della Comunità Montana di Montefeltro Michele Maiani,
il sindaco di Mercatino Conca Rossella Benvenuto, di Macerata Feltria Silvano
Severini, di Frontino Rosa Ercolani, di Piandimeleto Riccardo Nonni, di Lunano
Massimo Grandicelli, il vicesindaco di Montegrimano Nazareno Pacci, in
rappresentanza di Pietrarubbia l’assessore Claudio Urbinati, e infine da
Randazzo il sindaco Salvatore Agati ed il vicesindaco Grazia Emmanuele, con
alcuni consiglieri ed un gruppo di pellegrini. Al termine della Messa, si è
svolta la consueta processione con l’effigie del beato Domenico, poi il
rinfresco, allietato dalla banda di Montegrimano. Lo stesso giorno, a Randazzo,
nella Basilica di S. Maria, l’arciprete mons. Vincenzo Mancini, officiando lna
Messa faceva memoria del comune beato ed impartendo la benedizione solenne con
le sue reliquie.
Sempre a Randazzo è prevista, per il prossimo 19 ottobre, e sempre nella
basilica di S. Maria, una solenne concelebrazione, alla presenza del clero,
delle autorità locali e dei fedeli, con la presenza di P. Giovanni Calcara, in onore
del beato Spadafora, di cui l’ordine domenicano fa memoria il 3 ottobre, nell’ anniversario
dalla traslazione delle sue reliquie in S. Maria in Reclauso.
Maristella Dilettoso
Il Sette, –
0ttobre 2005
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