Realizzazione sito - Beppe Petrullo                                                                                                                                                                    Articolo Scritto da Maristella  Dilettoso

 
 

 

 

          Home Page
          Randazzo
          Varie Randazzo
          Monte Cerignone
          Varie Monte Cerignone
          Venetico
          La storia
          Articolo  (nr  11)
          Elenco Articoli
          Contatti
          Indirizzi  Utili
          Link
          Dove dormire
          Pubblicazioni
         Contesto Storico
         Casato dei Spatafora
         Discendenza
         Glia artisti del periodo
         I Domenicani a Palermo
         Processo di Canonizzazione
         La Chiesa S. M. in Reclauso

 

  

                                                                                                                                          

                                                  Il beato Domenico Spadafora
                                               Riscoperta di un culto centenario


                                                        (Domenico santo subito)

Cosa potrebbero mai avere in comune due paesi come Montecerignone, piccola comunità di 700 anime, adagiata proprio nel cuore dl Montefeltro, dominio della fastosa corte dei duchi di Urbino, lassù nelle Marche, terra di Raffaello, Rossini e Leopardi, a un tiro di sasso dalla rocca di San Marino, tra dolci colline dominate dalla mole del monte Carpegna, di recente eletto a sede di villeggiatura da Umberto Eco, e Randazzo, cittadina di oltre 11.000 abitanti, dalle nere torri laviche, meta un tempo di principi normanni, svevi ed aragonesi, nella Sicilia di Verga, Antonello e Bellini, sulle pendici dell’Etna …?  Eppure, da due anni, queste due città si sono conosciute ed avvicinate, hanno intensificato i loro rapporti, in virtù di qualcosa che le unisce: il beato Domenico, un frate domenicano  umile per scelta di vita, ma non certo per natali o per dottrina, che proprio tra queste due città aprì  e concluse la sua parabola terrena. Ma se a Randazzo, se si eccettua la memoria storica, e le pagine degli scrittori municipali, se ne è annebbiato il culto, e sono scomparsi, spazzati via, i luoghi che furono testimoni della sua presenza, così non è stato per  Montecerignone, dove nel santuario di S. Maria in Reclauso, con fede inalterata, se ne venera l’urna, si rivolgono suppliche e preghiere, avvengono guarigioni e miracoli.

Domenico Spadafora discendeva da una nobile e potente famiglia, giunta in Sicilia da Costantinopoli intorno all’XI secolo, che diede al Regnum letterati, pretori, vescovi, giureconsulti, ottenne titoli e feudi: principi di Maletto, Mazzarà, Venetico, Spadafora, Carcaci, Cerami, Cutò, baroni di Roccella… Questa famiglia, pur non esercitandovi un dominio feudale, ebbe anche stretti legami con la città demaniale di Randazzo, dove i suoi esponenti ricoprirono cariche pubbliche, e furono capaci anche di gesti di mecenatismo e prodigalità nei suoi confronti, come quel Ruggero Spadafora che vi fondò, nel 1470, l’Ospedale dei poveri.

 Da Giovanni Spadafora, barone di Maletto e signore di Casale, Castello e Tonnara, nacque a Randazzo, nell’anno 1450, Domenico, figlio secondogenito. Fu mandato ben presto a Palermo, a  frequentarvi  i Frati Predicatori, e nel nuovo convento domenicano di S. Zita, indossò le vesti di novizio. Nel 1477 andò a compiere gli studi a Perugia, e quindi a Padova, sede di una delle Università più antiche e prestigiose, conseguendo, nel 1479, il grado di Baccelliere in Sacra Teologia. Richiamato a Palermo, sempre a S. Zita, proseguì nella sua vita austera, corroborata da un’intensa attività apostolica, dal sapere acquisito negli anni di studio, mostrando sempre, però, un atteggiamento umile che lo rendeva schivo da qualsiasi onore.

Nel 1487 partecipò a Venezia al Capitolo generale dei Domenicani, pronunciando una “disputa” che gli valse la nomina tra i 12 nuovi Maestri in Sacra Teologia, da parte del Vicario generale dell’Ordine, Giovacchino Torriani.  Il Vicario stesso lo trattenne presso di sé, per qualche tempo, volendo circondarsi di uomini irreprensibili e saggi, che potessero dare il loro fattivo contributo alla restaurazione dell’Ordine, fin quando gli abitanti di Montecerignone non chiesero al Maestro Generale dei Predicatori l’istituzione di un convento e di una chiesa, da erigere nella località di Fontebuona, dove esisteva una cappella della Madonna, oggetto della loro venerazione. Il Torriani decise di inviare Domenico, che vi giunse il 15 settembre 1491 (per questo Montecerignone festeggia ogni anno il beato proprio la seconda domenica di settembre). Completata la chiesa e il convento, fu creata la comunità dei frati. A Montecerignone Domenico trascorse circa 30 anni, dedicandosi alla carità, alla direzione spirituale delle anime, e all’insegnamento ai giovani, fino al 21 dicembre 1521, quando, dopo la Messa, riuniti i frati nel capitolo, raccomandata l’osservanza delle regole, e scusatosi per eventuali torti arrecati loro, annunciò che sarebbe morto prima del tramonto. Recatosi quindi nella sua cella e ricevuti i sacramenti, rendeva l’anima a Dio. Grande fu il compianto dei confratelli e degli abitanti del posto, che continuarono per anni a rendere omaggio alla sua tomba, posta nel presbiterio della chiesa.

I suoi resti furono trovati intatti ad una prima traslazione avvenuta nel 1545, e pure quando, chiuso il convento di S. Maria delle Grazie per ordine di Innocenzo X, la chiesa passò sotto la giurisdizione della Parrocchia di S. Maria in Reclauso, dove il corpo del beato Spadafora fu traslato ancora il 3 ottobre dell’anno 1677, in una nuova urna recante l’epitaffio: “Siste viastor, coelites quos nutriunt remora, mente revolve, B.Dominici Spataforae, sanguine clari, doctrina clarioris, sanctitate carissimi”.

La devozione dei fedeli si tramandò inalterata attorno a Monte Cerignone ed alla cappella del beato Domenico, ma la sanzione ufficiale della Chiesa avveniva il 14 gennaio 1921, nel 4° centenario dalla sua morte, data in cui, a seguito delle istanze del vescovo del Montefeltro S.E. Mons. Raffaele Santi, e di P. Lodovico Fanfani, postulatore O.P., il Sommo Pontefice Benedetto XV gli riconosceva il titolo di Beato.

Illustre per censo e per dottrina, Domenico avrebbe potuto far leva sulla sua posizione sociale per ottenere alte cariche e privilegi. I suoi parenti, influenti presso la casa d’Aragona, ricoprivano le più alte cariche nell’isola: avrebbe potuto aspirare a gloria, agi e potere, invece, come scrisse un suo biografo, “si rinchiuse in un chiostro e si cinse di silenzio, accontentandosi di indicare la via del bene ai contadini e agli umili, collocandosi così, a buon diritto, in quell’area di riforma e di ripristino della regola e dello spirito dell’Ordine, che caratterizzò il secolo XV, il cosiddetto “secolo d’oro dei Domenicani in Sicilia”. Proprio in ossequio a tale spirito di riforma, attorno al Convento di S. Zita, ed alle altre comunità riformate, fiorirono numerose figure di frati virtuosi ed osservanti, come il beato Pietro Geremia (Palermo 1399-1452), che può definirsi il padre dei riformatori siciliani, il beato Bernardo Scammacca (Catania 1430-1487), ed il beato Giovanni Liccio ( Caccamo 1426-1511).
 


I rapporti fra le due comunità di Montecerignone e Randazzo, sempre più intensificatisi, sono iniziati nel febbraio 2004, quando il parroco della chiesa di Montecerignone, nonché rettore del Santuario di S. Maria in Reclauso, il polacco don Cristoforo Bialowas, attivo e tenace al pari di un suo ben più illustre “connazionale”, si intestò l’iniziativa di riprendere quel processo di santificazione fermo fin dal 1921, rispolverando vecchie carte, atti, biografie, testimonianze, andando di persona nei luoghi toccati in vita dal beato: Randazzo, Palermo, Roma, Perugina, Venezia, Le Mans, recandosi spesso in visita alla Santa Sede, per manifestare a Papa Wojtyla la sua grande aspirazione di vedere Domenico Spadafora sugli altari, e ottenendo questa risposta: “Io sono pronto. E voi?”.

Così il processo di canonizzazione iniziava il suo iter, istruito in qualità di postulatore, dal domenicano padre Vito Gomez, mentre da Roma il principe Michele Spadafora, discendente dell’illustre casato, seguiva con grande interesse la vicenda. Poi, ad aprile, è stato il sindaco di Montecerignone Michele Maiani a venire in visita a Randazzo, ricevuto dalle autorità cittadine, mentre nei giorni successivi le due amministrazioni deliberavano l’atto di gemellaggio, espressione di due comunità tanto diverse per posizione geografica, storia, tradizioni, ma accomunate dalla volontà di poter un giorno celebrare insieme la santificazione di un sì illustre concittadino. Ancora, a maggio, un gruppo di pellegrini, capeggiati da don Cristoforo, approdava a Randazzo, per conoscere  il paese natale del beato Domenico, e stringere i rapporti con la comunità randazzese, rapporti suggellati da concelebrazioni e da un ricevimento nel Palazzo Municipale. In quell’occasione il sindaco di Randazzo, Salvatore Agati, accogliendo l’invito del sacerdote,  prometteva di recarsi a Montecerignone in testa ad una comitiva di randazzesi il 12 settembre, per celebrare insieme la festa del beato. E in effetti, all’iniziativa aderivano in 50 circa, con in testa la massima autorità religiosa di Randazzo, l’Arciprete e Vicario Foraneo Mons. Vincenzo Mancini, lo stesso sindaco, il vicesindaco Grazia Emmanuele, assessori,  consiglieri comunali, e cittadini.

L’arrivo della comitiva era stato preceduto da un altare in pietra lavica, realizzato dallo scultore randazzese Gaetano Arrigo, consegnato al Santuario di S. Maria in Reclauso, venendo incontro così al desiderio manifestato da don Cristoforo, che aveva chiesto, per le funzioni all’aperto, una mensa d’altare realizzata con lo stesso materiale vulcanico presente nella terra natia di Domenico Spadafora, una sorta di ponte ideale tra le due comunità legate dal medesimo culto.

La nutrita delegazione randazzese era stata ricevuta in forma ufficiale alla Rocca, sede del Municipio, dall’amministrazione comunale al completo, presieduta dal sindaco Davide Giorgini, ed aveva goduto della cordiale e squisita accoglienza dei cerignonesi. Un’altra data importante è stato il 20 ottobre 2004, giorno in cui una rappresentanza delle due comunità si recava a Roma, all’udienza di Papa Giovanni Paolo II, che riceveva i due sindaci Agati e Giorgini, il parroco, il Principe Spadafora, la prof.ssa Maria Garlacz e lo scultore Angelo Feduzzi di Lunano, autori questi ultimi di vetri istoriati e statue riproducenti il Beato.

Don Bialowas intanto, dopo avere fondato un gruppo di preghiera e provveduto al restauro del santuario, allo scopo di intensificare e diffondere il culto del beato Domenico, offriva alla comunità randazzese una sua reliquia il 13 febbraio di quest’anno, nel corso di una solenne concelebrazione nella basilica di S. Maria, ed altre reliquie consegnava successivamente a Terespol (Polonia) e Kamieniec Podolski (Ucraina).

All’inizio dell’estate, poi, il 24 giugno, una delegazione proveniente da Montecerignone si è fermata a Randazzo per quattro giorni, aggiungendo un altro tassello ai rapporti tra le due comunità.

La delegazione, composta dal sindaco Davide Giorgini, dal prosindaco Terenzio Calisti, dal consigliere dott. Domenico Lancioli, dal Presidente della Comunità Montana del Montefeltro dott. Michele Maiani, dall’operatore di Beni Culturali, responsabile della Biblioteca Ubaldiana di Piandimeleto, Filiberto Corrucci, e da Prassede Sanghi, imprenditrice del luogo, ricevuta prima ufficialmente nella residenza municipale, ha potuto poi visitare i luoghi culturalmente più significativi della cittadina etnea, chiese, palazzi e musei, ha preso parte ad una cena organizzata in suo onore ed ha effettuato escursioni sull’Etna ed altre bellezze paesaggistiche dei dintorni. 

Ricordiamo, per inciso, che, da qualche tempo, chi arriva nel piccolo centro feretrano, è accolto da un cartello segnaletico con la scritta: “Benvenuti a Montecerignone, Comune gemellato con la città di Randazzo”.

All’appuntamento annuale con la festa del beato Domenico Spadafora, lo scorso 11 settembre, lassù a Montecerignone, si sono ritrovati numerosi anche quest’anno, fedeli e laici, autorità e semplici cittadini. La festa è stata preceduta da un triduo di preparazione con la presenza, in qualità di predicatore, di P. Giovanni Calcara da Caccamo (PA), Domenicano O.P., del Convento S. Domenico di Catania, docente alla Facoltà di giurisprudenza dell’UMSA di Palermo, che con le sue vibranti omelie e con la sua presenza ha rinsaldato i legami tra le città interessate alla spiritualità domenicana ed alla figura di questo grande teologo del XV secolo.

Nel pomeriggio di domenica 11 settembre, la concelebrazione, svoltasi all’aperto, nel vasto spiazzo del santuario, è stata officiata dal Vescovo della Diocesi di S. Marino e Montefeltro, S.E. Mons. Luigi Negri, con la presenza del vescovo di Kamieniec Podolski (Ucraina), S.E. Mons. Leon Dubrawsky, oltre ai sacerdoti della Valconca ed al parroco di Montecerignone. Tra le numerose autorità presenti, a far gli onori di casa erano il sindaco Davide Giorgini, il presidente della Comunità Montana di Montefeltro Michele Maiani, il sindaco di Mercatino Conca Rossella Benvenuto, di Macerata Feltria Silvano Severini, di Frontino Rosa Ercolani, di Piandimeleto Riccardo Nonni, di Lunano Massimo Grandicelli, il vicesindaco di Montegrimano Nazareno Pacci, in rappresentanza di Pietrarubbia l’assessore Claudio Urbinati, e infine da Randazzo il sindaco Salvatore Agati ed il vicesindaco Grazia Emmanuele, con alcuni consiglieri ed un gruppo di pellegrini. Al termine della Messa, si è svolta la consueta processione con l’effigie del beato Domenico, poi il rinfresco, allietato dalla banda di Montegrimano. Lo stesso giorno, a Randazzo, nella Basilica di S. Maria, l’arciprete mons. Vincenzo Mancini, officiando lna Messa faceva memoria del comune beato ed impartendo la benedizione solenne con le sue reliquie.

Sempre a Randazzo è prevista, per il prossimo 19 ottobre, e sempre nella basilica di S. Maria, una solenne concelebrazione, alla presenza del clero, delle autorità locali e dei fedeli, con la presenza di P. Giovanni Calcara, in onore del beato Spadafora, di cui l’ordine domenicano fa memoria il 3 ottobre, nell’ anniversario dalla traslazione delle sue reliquie in S. Maria in Reclauso.


                      Maristella Dilettoso

Il Sette,   – 0ttobre 2005